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Da un tempo veramente lungo desideravo questa guglia, l’Aiguille Noire de Peuterey. Era stata una delle prime che avevo visto e ammirato nella mia prima vacanza alpinistica in Val d’Aosta. Ero al rifugio Monte Bianco in val Veny, dopo un lungo viaggio e lei era lì ad osservarmi, e io a mia volta la osservavo senza sapere chi o cosa fosse. Più tardi quella notte, mi colpì per quanto era più sinistra che di giorno, tutto condito da una super luna e dagli immancabili rumori di crolli del ghiacciaio della Brenva d’agosto. Un bel benvenuto!

Estate 2019, sono d’accordo con Muyo per combinare una salita seria, e il nostro primo sguardo da un po’ di tempo a quella parte va verso la cresta di Santa Caterina, alla punta Nordend sul Monte Rosa. Ad inizio settimana però una intensa perturbazione ha portato un po’ di neve in quota… anche quest’anno tocca cambiare meta. Come sempre però non ci perdiamo d’animo e al ritrovo ad Ivrea individuiamo due principali soluzioni, tutte e due in zona Monzino. Non perdiamo tempo carichiamo tutto e l’incontrario di tutto in macchina e ci avviamo, decideremo per strada.

Le due possibilità più interessanti sono la Cresta dell’Innominata al Bianco e la Ratti-Vitali all’Aiguille Noire de Peuterey, e Muyo lascia che la scelta sia mia. Sono un po’ combattuto, per un motivo o un altro la cima del Bianco mi è sempre scappata, ma alla fine pronuncio quelle due parole, Ratti-Vitali! E così, mentre intraprendiamo l’ormai “familiare” avvicinamento al rifugio Monzino la osservo, la Noire, ora che ci sto andando mi sembra ancora più sinistra.

L’accoglienza al Monzino è al solito super, cosi come l’abbondante porzione di lasagna e la cameretta privata, ma la partenza è per le 3 in punto, un po’ ce li meritiamo questi vizi. L’avvicinamento fino al colle dell’Innominata fila liscio, il tempo di rilassarci cinque minuti e poi lo scenario cambia, ci caleremo dal canalino fino al ghiacciaio del Freney, per quei luoghi memori di una tra le peggiori tragedie dell’alpinismo, il Pilone Centrale 1961. E il Freney è veramente un posto tetro, nelle prime luci del giorno lo attraversiamo cercando una soluzione logica in un posto che è un caos di crepacci. In lontananza scorgiamo una sosta con cordino e la sosta zero, quella da cui iniziano i 22 tiri che ci separano dalla cima. Attacchiamo, e poco dopo ci raggiunge sulla via una cordata di Cechi, sempre piacevole avere un po’ di compagnia in questi luoghi.

La salita scorre veloce, tra i primi tiri fisici e “caminosi” e la seconda parte sulla carta più semplice, arriviamo a metà via in tempi ragionevoli. Ora c’è la parte tecnicamente più impegnativa, tra roccia un po’ dubbia, un tiro dato 6a e un bel tirone strapiombante da affrontare in artificiale. Gli ultimi tiri vista la stanchezza restano impegnativi e i piedi iniziano a chiedere pietà, per fortuna però abbiamo portato delle comode scarpe da avvicinamento per affrontare le 22 calate in corda doppia che ci depositeranno di nuovo sul Freney!

Alle sei del pomeriggio attraversare il Freney è veramente una cosa poco raccomandabile, ma ci tocca e con molta cautela lo affrontiamo, ma niente a confronto della risalita del secco canalino per il colle dell’Innominata, la luce ormai scarseggia e dobbiamo pescare nel serbatoio delle energie per raggiungere il rifugio, dove a sorpresa il gestore ci aspetta con dei monumentali piatti di pasta, un po’ una versione rivisitata dello spaghetto di mezzanotte! Così dopo una giornata lunga, siamo pronti per dormire esattamente dove ci eravamo svegliati, ventidue ore prima…

Relazione da noi usata per la Via RATTI-VITALI

andrea freschi guida alpina
andrea freschi guida alpina

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